Le urla di un uomo contro una donna hanno su di me sempre un effetto devastante (anche se sono di una persona che non conosco, anche se provengo dalla finestra), soprattutto se le urla sono accompagnate da rumori di vetri che si rompono e di oggetti lanciati.
La bufera è durata più di dieci minuti, nonostante l’intervento dei vicini di casa e di altre persone del quartiere. Qualcuno addirittura si è messo ad alzare dalla strada i vetri rotti, a spazzarli via nel bel mezzo della tempesta. Ma pian piano le voci sono sfumate, insieme alla rabbia che lentamente è scomparsa nel nulla…E nell’aria, resa pesante dagli epiteti offensivi urlati dall’uomo contro la donna – “puttana, zozza, sporca…” – si sono alzate le invocazioni a “gesù cristo in faccia alla croce” della donna, “mannaggia ‘a tutt’ ‘e sant'”.
E mentre provo invano a riprendere il mio lavoro, la mia mente vola all’immagine di uno spot contro la violenza sulle donne, promosso anni fa (era il 2008) dal telefono Rosa di Milano con l’obiettivo di sensibilizzare le persone sul tema della violenza sulle donne, in vista della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre.
Le rappresentazioni della violenza sulle donne in genere sono tutte uguali. In genere l’autore delle violenze è assente dagli spot contro la violenza sulle donne. La donna, vittima di violenza, è invece la protagonista assoluta di questi spot. Nella migliore delle ipotesi, però, la donna è ritratta in posizioni passive, che sottolineano la sua debolezza, la sua sottomissione e incapacità di reagire. Nella peggiore è ritratta, seminuda, in posizioni ambigue o addirittura seduttive.
Lo spot del telefono Rosa di Milano, non si discostava, per molti versi, in maniera radicale dagli altri, tuttavia suscitò molte polemiche.
Era il 2008 e lo spot diceva: “Chi paga per i peccati degli uomini?”. L’immagine era invece quella di una donna, sempre seminuda, ma messa simbolicamente in una posizione di crocifissione.
E così, apriti cielo!
Ci fu un putiferio di critiche. L’immagine della donna in croce scandalizzava più della violenza stessa!
E così lo spot fu censurato niente meno che dall’assessore al “decoro urbano” e dall’allora sindaco di Milano, che dichiarò: “Farò tutto quanto è in mio potere per evitare l’affissione di questo manifesto, il cui messaggio tira in ballo il simbolo del Cristianesimo e lede il sentimento religioso dei cittadini” (come è riportato qui).
Il sentimento cristiano, appunto, quello a cui spesso le donne vittima di violenza si rivolgono, con la speranza di una momentanea, seppur effimera, consolazione (anche e purtroppo a causa di un’educazione cattolica che le vuole tradizionalmente accondiscendenti in nome dell’unità della famiglia “a tutti i costi”), era stato offeso, molto più di quanto la stessa violenza sulle donne potesse fare?!
condivido tutto e sono felicissima di essermi imbattuta in questo blog, ritornerò volentierissimo =)